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Cosa è e come si coltiva il pensiero laterale? E lo Humor? Quali strategie abbiamo per migliorare la nostra scrittura creativa? Ce ne parla Filippo Losito, autore di Humor e pensiero laterale (Egea Editore).
Ferdinando Morgana – Ciao Filippo, grazie mille per aver accettato l’intervista. L’elenco delle cose di cui ti occupi o di cui ti sei occupato è lunghissimo. Facciamo il punto. Mi racconti il tuo percorso professionale e autoriale fino a qui?
Filippo Losito – Ciao Ferdinando, ti ringrazio, è un piacere ritrovarti in questo spazio che coltivi con cura.
È vero mi sono occupato di molte cose, però, alla soglia dei quarant’anni, tutte le attività mi pare convergano ora verso una sintesi creativa. Potrei definire almeno quattro tappe nel mio percorso professionale, per non dire quattro vite: la vita da autore e performer comico, una palestra pazzesca, perché per imparare a scrivere e sentire il ritmo delle frasi il miglior editor è un pubblico che non ride. L’esperienza da comico mi ha portato a gravitare intorno ai laboratori di Zelig, Colorado e su Comedy Central.
Poi c’è stata l’avventura a Simmetrico, al fianco del maestro Daniele Zambelli, uno dei più grandi direttori creativi di eventi in Italia, di cui avrò modo di riparlare: un fisico che trattava i processi creativi come scienza.
Poi è arrivata la Scuola Holden, che ho frequentato prima come studente, poi, dal 2013, come docente e coordinatore. Qui ho avuto la fortuna di lavorare insieme a professionisti come Carlo Freccero, Stefano Bises, Nicola Lusuardi. Il lavoro sulle storie e in particolare sui meccanismi della serialità mi ha spinto a indagare i punti di contatto tra le strutture della narrazione e le strutture dell’umano; qui c’è stata una convergenza rispetto ai miei studi letterari e filosofici, insieme agli approfondimenti nel campo del counseling, della PNL, dell’ipnosi e dei death studies.
Questi sommovimenti mi hanno portato a ideare Storycounseling® , un portale e una disciplina che coniuga narrazione, psicobiologia e crescita personale, utilizzando le storie e l’istinto del narrare come chiave.
Nel mezzo, molto tempo speso davanti a una tastiera: un romanzo, alcuni saggi sulla comicità, una trasmissione televisiva sui tarocchi, una fiction teatrale. Insieme a Humor e pensiero laterale, appena uscito per Egea Bocconi, dovrebbe uscire a breve, se mi passano l’ultimo editing, – messaggio promozionale – anche il primo manuale sulla scrittura seriale, con Dino Audino Editore.
Ultima ma solo in ordine temporale la vita di padre: sensazionale, intensa, ricca, stancante, destrutturante e bellissima.
Humor e pensiero laterale – Filippo Losito (Egea Editore)
Ferdinando Morgana – Lo accennavi poco prima, Humor e pensiero laterale è il tuo ultimo saggio. Da quale necessità prende forma e perché?
Filippo Losito – La genesi di questo libro risale a oltre quindici anni fa. La mia è una deduzione col senno del poi, per hindsight per usare un’espressione cara a Edward De Bono, il neuroscienziato massimo divulgatore del lateral thinking, il pensiero laterale. Di sera facevo l’autore e il performer comico, come si direbbe oggi, anche se all’epoca si definiva più semplicemente «fare cabaret»; di giorno avevo la fortuna di lavorare come assistente del grande e già citato direttore creativo, Daniele Zambelli.
Io mi sentivo come Superman, di giorno Clark Kent, di notte supereroe (seppure i miei punti deboli fossero molti di più della kryptoniyte, e le mie battute non avevano l’ambizione di salvare il mondo, mi bastava un posto nelle serate di Zelig). Negli studi di Simmetrico, mentre scrivevi tranquillo un’email, capitava di sentire frasi del tipo: «Ricordati che siamo macchine»; eri al bar a prendere il caffè: «I processi mentali sono vittima di condizionamenti»; ti sedevi per una riunione e: «Cambia posto, ti aiuterà a vedere le cose da una nuova prospettiva». La mia reazione era simile a quella di Troisi in Non ci resta che piangere: «Adesso me lo segno».
Mi era capitato di assistere alla creazione di eventi commerciali grandiosi – a quel tavolo si sedevano gli scenografi dell’Eurosong contest, registi del David di Donatello, animatori grafici e autori da urlo – capitava di vedere palazzetti e teatri smantellati e ricostruiti in un giorno per due ore di show che coniugavano presentazioni di prodotto, speech, film emozionali, concerti, performance artistiche. Tutte le idee che proliferavano dovevano essere ricondotte alla fonte originaria di senso ed energia di cui Daniele era il motore e il custode.
E così la macchina simbolo d’Italia diventa una scatola bianca grande quanto il Palaisozaki e un veicolo commerciale la tessera di un domino gigante. E proprio all’interno di questo domino gigante ricreato all’interno di un teatro di Torino ho avuto una piccola epifania. Mi era toccato di scrivere e inviare una scheda di presentazione del veicolo intorno al quale ruotava l’evento del momento all’agenzia del performer che avrebbe chiuso lo show. Il performer era Fiorello. L’unica indicazione che avevo avuto era stata quella di «non fare stupidaggini per metterti in mostra come comico».
Anche se intravedevo possibilità di carriera in quella coincidenza, per non tradire il divieto avevo allora deciso di fare il serio, anzi, visto che c’ero il molto serio, serissimo. Ho inviato così all’agenzia un testo in cui riportavo i valori profondi del veicolo, come se fossero questione di vita o di morte. Del resto, si sa, quando si parla del loro prodotto i direttori marketing si prendono molto sul serio. Volevo farli contenti.
L’evento fino a quel momento era andato benissimo. Le centinaia di tesserine di domino erano cadute tutte al momento giusto. L’ AD e il direttore generale gongolavano. Zambelli cominciava a respirare più sereno: finalmente era arrivato il momento dello show, ci si poteva rilassare, la nostra parte di competenza dell’evento era andata alla grande. Ed ecco Fiorello uscire luminoso, tra la musica e gli applausi, con un foglio in mano… «Chi è che mi ha mandato ’sta cosa?», dice, avvicinandosi alla platea. «Chi ha scritto questo testo?» (ti allego anche la foto di quel preciso momento).
Sprofondo nella poltrona. Zambelli lancia uno sguardo che mi incenerisce (di giorno sono Clark Kent, quindi inerme).
«È bellissimo!», urla Fiorello, «Così bello che ci ho fatto una canzone». Parte l’orchestra e Fiorello si mette a cantare riga su riga il documento sui valori del Fiat Qubo (ma sì, possiamo dirlo) che gli avevo mandato io, in una canzone che fa piegare in due il teatro.
Anch’io rido, ma a denti stretti. Temo per il mio posto. Quei valori erano scolpiti sulla pietra, non si potevano trasgredire, avevamo perso mesi affinché venissero espressi in tutte le forme mediatiche e spettacolari e poi basta una canzone per mandare tutto in fumo?
In quel momento, per me, quei due mondi – la creatività come processo e la creatività come intuizione e guizzo – si sono abbracciati. Più volte mi sono chiesto che cosa sia stato in grado di ribaltare quella serietà e quella carica di tensione, oltre alla bravura del performer. La risposta l’ho trovata anni dopo, leggendo i libri di De Bono sul pensiero laterale. E un po’ di anni dopo ho deciso di scriverci su un libro.
Filippo Losito
Ferdinando Morgana – Umorismo e lateralità sono strettamente imparentati. Spesso l’ironia nasce proprio da quel passo laterale rispetto alle aspettative, alla realtà. Come usi il pensiero laterale per la scrittura umoristica?
Filippo Losito – De Bono considera lo humour la più grande funzione dell’intelletto umano e la più pura attività del pensiero laterale. Al pari del pensiero laterale, lo humour non ci porta da A a B, ma da A a X, eludendo gli schemi mentali conosciuti, le aspettative, i modelli. Lo humour, al pari del pensiero laterale, nasce nel momento in cui l’interpretazione normale di una cosa viene scossa dall’improvviso presentarsi alla coscienza di un’interpretazione diversa. Lo humour come l’intuizione genera un modo alternativo di elaborare l’informazione disponibile. Lo humor attiva le stesse aree neuronali attive nel problem solving, nella risoluzione di un sudoku, di un’intuizione, di un momento Eureka!
Al pari dell’arte e della ricerca scientifica nell’umorismo è presente un’idea vista da angolazioni differenti di solito incompatibili. L’atto cognitivo che determina la comprensione della costruzione in oggetto è uno scarto del pensiero, che il filosofo Arthur Koestler chiama bisociazione. Lo «choc bisociativo», che si manifesta nel momento della comprensione della costruzione in oggetto, è seguito da un percorso cognitivo inverso, che ricolloca gli elementi della proposizione in una nuova ottica di senso. Il nostro cervello è una macchina anticipante. L’umorismo prova a eludere le aspettative e aprire nuovi scenari creativi. Prendiamo questa battuta:
«So che sei un avvocato molto caro. Per 500 euro risponderesti a due mie domande?»
«Certo. Qual è la seconda?»
Nell’impianto sono compresenti due realtà. Per il cliente le domande da fare sono due e la richiesta di cachet non vale una domanda (x). Per l’avvocato carissimo (non in senso filantropico) invece è l’esatto contrario: al cliente resta solo una domanda (non-x). Analogamente per De Bono l’umorismo nasce nel momento in cui l’interpretazione normale di una cosa viene scossa dall’improvviso presentarsi alla coscienza di un’interpretazione diversa. La mente oscilla dal significato ovvio a quello inaspettato, ma plausibile.
Lo humour come l’intuizione genera un modo alternativo di elaborare l’informazione disponibile. Lo humor attiva le stesse aree neuronali attive nel problem solving, nella risoluzione di un sudoku, di un’intuizione, di un momento Eureka!
Ferdinando Morgana – Il pensiero laterale è ovviamente uno dei fondamenti della creatività. Come lavori per alimentare la creatività e quali consigli offri su questo aspetto del tuo lavoro?
(E a proposito di creatività, ecco come il Writing Coach può far evolvere la tua scrittura.)
Ferdinando Morgana – Tre cose che hai imparato grazie alla scrittura umoristica e alla stand-up comedy.
Filippo Losito – Vado dritto:
Ridere è un atto spirituale.
Ideatore del metodo Cartografia Letteraria, Writing Coach ed Editor.
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