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Qual è il midollo della storia che vuoi raccontare?

Conoscere cosa vuoi davvero raccontare farà la fortuna delle tue storie.

La fonte delle nostre storie

Sì, lo so. Forse quella del midollo non è un’immagine molto rassicurante. Aprire un articolo che avesse quel titolo non dev’essere stato facilissimo per te. E tra tutte le metafore che avrei potuto usare per parlare dell’origine delle storie che amiamo raccontare, il midollo non è forse la più poetica. Eppure. Eppure io la trovo bellissima, e sì, anche poetica e rassicurante.

Il midollo è quel punto del nostro corpo, quella sostanza, quel tessuto, cui si deve la generazione continua delle nostre cellule, del sangue, di ciò che contribuisce in maniera essenziale a tenerci in vita. Forma anche i linfociti, essenza del nostro sistema immunitario.

Il midollo ci tiene in vita, ci dà la vita, ci offre una difesa. Il midollo è anche estremamente protetto – dalle ossa, dalla colonna vertebrale – ed è molto difficile da raggiungere, da intaccare. Volendo vederlo o toccare, bisogna scavare a fondo, bisogna bucare con totale intenzione.

Davvero, non so quale metafora potrebbe essere più adatta per parlare del luogo dal quale hanno origine le nostre storie.

Ok allora, parliamone. Cosa significa che le storie che raccontiamo arrivano da un midollo?

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Ciascuno di noi, se scrive, se sente l’esigenza di produrre storie, attinge a un immaginario. Attinge a un luogo nel quale quelle storie si producono. Una fonte, come dicono molti. Un luogo che invece a me piace chiamare midollo. Le nostre storie vengono dal midollo delle storie. Ecco, per riuscire a scrivere con profitto, con continuità, con intensità, io credo fermamente che si debba cercare di mettersi in contatto il più possibile con quella parte di noi.
Il midollo è quel punto del nostro corpo, cui si deve la generazione continua delle nostre cellule, del sangue, di ciò che contribuisce in maniera essenziale a tenerci in vita. Il midollo è anche estremamente protetto ed è molto difficile da raggiungere, da intaccare. Davvero, non so quale metafora potrebbe essere più adatta per parlare del luogo dal quale hanno origine le nostre storie.

Conoscere il midollo delle nostre storie

Conoscere una certa parte di noi, quindi.

Per scrivere storie – e il ragionamento ancora meglio si adatta per progetti di narrazione lunghi, come un romanzo – servono molti strumenti diversi. Sicuramente tempo, che si tratti di molti settimane o mesi interamente liberi (privilegio per pochi o per chi è in una fase della vita pre-lavorativa o pre-familiare), o di poco tempo sottratto a manciate e con difficoltà durante il giorno o la notte. Sono necessarie competenze tecniche per imbastire una trama che stia in piedi, dare vita a personaggi credibili, ambientazioni che sembrino tridimensionali e non piatte.

Come ho detto in un altro articolo di qualche settimana fa: se si desidera scrivere è anche necessario capire che un gesto di scrittura di ampio respiro come un romanzo, richiede una scelta consapevole. Richiede un progetto. Molto spesso quel progetto si è capaci di incardinarlo da soli, di portarlo a termine senza l’aiuto esterno di nessuno. Altre volte, invece, ci rendiamo conto di aver bisogno di un occhio esterno, dell’aiuto di un professionista che ci accompagni lungo la strada, che fissi con noi degli obiettivi intermedi, degli step di lavoro.

Magari che ci aiuti a capire perché la nostra scrittura si incaglia e come possiamo lavorare per sbloccarla. Qualcuno che scopra con noi da dove hanno origine le nostre storie, e ci aiuti ad alimentare il midollo da cui emergono le cose che vogliamo dire.

Ecco, avvicinarsi al luogo da cui hanno origine le nostre storie le renderà più vere. Perché saranno maggiormente aderenti a ciò che ci sta a cuore, a quella cosa per la quale la nostra vita pulsa davvero. Allo stesso modo, avvicinarci al midollo delle storie ci aiuterà nella necessità di raccontare, di portare alla luce una storia, un tema per noi fondamentale, che chiede a gran voce di essere raccontato, di essere messo su pagina.

Avvicinarci al midollo delle storie ci aiuterà nella necessità di raccontare, di portare alla luce una storia, un tema per noi fondamentale, che chiede a gran voce di essere raccontato, di essere messo su pagina.

Come avvicinarci al midollo delle nostre storie

Non è semplice, né immediato riuscire ad avvicinarci a questo cosiddetto midollo, alla parte pulsante delle nostre storie. A quel tessuto che genera racconto e importanza per la nostra vita.

Ma vi suggerisco qui due modi per riuscirci: lavorare sulla consapevolezza e lavorare sulla risonanza. Sono due vie indipendenti, che secondo la mia esperienza funzionano bene entrambe. Sono due strade che possono essere percorse parallelamente, non si escludono a vicenda.

Lavorare sulla consapevolezza significa cercare di mettere nero su bianco cosa conta davvero per noi, cosa vogliamo dire, cosa ci sta a cuore. Per cosa quel midollo pulsa. E quando dico mettere nero su bianco intendo scriverlo, letteralmente. In un quaderno, una lista, in un diario. E curarlo, alimentarlo inserendo tutto quello che ci viene in mente, magari cancellare qualcosa se sentiamo che qualche voce col tempo si spegne, sostituirle con altre. Questo esercizio di “messa a terra” di cosa conta davvero, secondo me lo ha fatto meglio di tutti Sandro Veronesi nel suo bellissimo pezzo “Le cose che voglio dire”, contenuto in Superalbo.

Lavorare sulla risonanza significa invece lavorare – quasi collezionandole – su tutte quelle cose che risuonano in noi, e che vogliamo poi trasferire nella nostra scrittura, nelle nostre storie. Significa mettersi in risonanza con altre storie, con stati emotivi, con alcune persone. Raccogliere frammenti – un libro, una certa canzone, un film, un amore estivo, un certo tipo di mal di pancia, un rimpianto – e metterli insieme.
Tutti questi elementi, messi insieme, saranno una sorta di mappa, di proiezione del nostro midollo, una sua ricostruzione, un paesaggio emotivo nel quale siamo a nostro agio e da cui le nostre storie prendono forma.

Vi lascio qualche elemento del mio midollo, del mio paesaggio: Sillabari di Goffredo Parise, i dischi di Franco Battiato, i romanzi di Roberto Bolano, soprattutto 2666.

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Ideatore del metodo Cartografia Letteraria, Writing Coach ed Editor.

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